L’immaginario popolare, nella costante ricerca di creature malvagie cui addossare la colpa di calamità di vario genere o di proprie responsabilità, ha spesso fatto ricorso alla figura della strega, creando storie fra le più inquietanti che abbiano affollato l’universo delle fiabe.
Dopo avere affrontato il personaggio dello stregone ne Il segreto di 2Misty Bay, mi sentivo perciò desideroso di cimentarmi in una storia di streghe.
M’imbattei tuttavia in un autentico dilemma: è possibile, al giorno d’oggi, scrivere una buona storia di streghe?
Suppongo che un interrogativo molto simile assillò gli autori di western negli Anni ’60: “Il genere western è destinato a scomparire?”
In effetti, il western fondava gran parte del proprio successo sul mito della ferocia degli indiani, personaggi bidimensionali, privi di ogni umanità, non dissimili dagli orchi del Signore degli Anelli. Per fortuna, a partire appunto dagli Anni ’60, con il progressivo diffondersi della realtà storica sul vero e proprio genocidio di nativi che accompagnò l’epopea degli europei alla conquista della Frontiera Americana, proporre storie dove gli indiani fossero dipinti in quel modo non risultava più credibile. Quel genere di avventura si spostò sempre più verso i viaggi interstellari, dove il ruolo dei cattivi poteva tranquillamente essere interpretato da malvagissimi alieni. Ma a poco a poco anche gli extraterrestri furono riabilitati, lasciando di nuovo agli autori l’ingrato compito di trovare nuovi cattivi per le loro storie. Questo almeno finché gli autori non si rassegnarono al fatto che il male non possa essere appannaggio di interi popoli, razza o specie. Queste prese di coscienza da parte degli autori di storie sono importanti, perché mostrano da un lato le mutazioni di pensiero nella società di cui fanno parte; d’altro canto quelle stesse storie che essi genereranno contribuiranno poi a sostenere e a rafforzare il processo di maturazione in corso.
Torniamo alla figura della strega. Oggi sappiamo bene come sia stata creata ad arte, a partire dal XV secolo, da un potere sempre più maschile, con lo scopo di sottrarre qualsiasi tipo di prestigio alle donne portatrici di una cultura antica, in cui l’essere umano viveva in sintonia con la natura e con le forze della creazione, della vita e della morte. Prevalse invece una visione in cui l’umanità (e, con maggior diritto, gli uomini, intesi come maschi) vedeva la natura come un’entità selvaggia da assoggettare a proprio piacimento, con il costante ricorso alla forza e alla violenza.
Ed eccoci allora al dilemma: come raccontare oggi una buona storia di streghe, che tragga anche spunto dall’immaginario della tradizione – indubbiamente suggestivo -, senza contribuire a riproporre quest’interpretazione mistificatoria della realtà, tradendo ancora una volta la memoria di tante donne, morte innocenti sui roghi o sotto tortura?
E, seguitando in questa continua ridiscussione delle figure dei “cattivi”, il genere avventuroso finirà col ritrovarsi senza più antagonisti?
La mia opinione è che l’avventura in fondo non corra alcun rischio, ma che sia semplicemente destinata ad accrescere i propri valori etici e morali, i quali sono, da sempre, ciò che conferisce vera forza alle storie. Di conseguenza, gli autori sono chiamati a dimostrarsi più consapevoli e a rinnovare costantemente lo sforzo per ampliare le proprie prospettive. Tutto ciò, a mio avviso, non mette certo a rischio il mondo delle storie… Delle buone storie, intendo dire.
Nel mio caso, mentre mi arrovellavo sulla mia storia di streghe, mi venne in soccorso un’altra figura delle fiabe, il capostipite del moderno serial-killer: Barbablù. Rammentai che, nei miei sogni di bambino, avevo visitato più volte quella stanza segreta macchiata del sangue delle giovani vittime di Barbablù. Questo spunto mi aiutò a fare emergere il tema della nuova storia degli Invisibili, dove in fondo non si parlava di quanto fossero cattive le streghe, ma del fatto che le sofferenze familiari, come gli anelli di una catena, possono tramandarsi di generazione in generazione, finché non sopraggiunge un discendente abbastanza forte da spezzare quella che appare come una vera e propria maledizione.
A poco a poco la trama de La strega di Dark Falls, prendeva corpo, mentre io mi ritrovavo con un’autentica, agghiacciante storia di streghe, dove potevo sentirmi libero di attingere alle tante suggestioni che negli anni mi avevano impaurito. Ma non posso aggiungere altro, per non rivelare troppi colpi di scena a chi non avesse ancora letto il libro.
Mi soffermerò quindi sull’elencarvi le principali fonti d’ispirazione.
Rimanendo ancora nel reame delle fiabe, non posso non citare quella di Hänsel e Gretel, con il piccolo Hänsel che, al posto del mignolo, sporge alla strega, intenta a ingrassarlo per poi cucinarselo al forno, l’ossicino di un pollo, per farle credere di non avere ancora messo su abbastanza peso… A questa suggestiva scena è ispirata quella del mio libro, in cui Douglas e Peter s’imbattono in una casupola nel folto del bosco.
Un libro per ragazzi che affronta il tema in maniera seria e con notevole sensibilità è Il rogo di Melvin Burgess (Ed. Mondadori). La trama: Inghilterra, XV secolo. Per tutti, Isabel è Issy la Bruciata, la figlia del Diavolo. E’ adottata e non sa nulla delle proprie origini. C’è però un incubo ricorrente che terrorizza le sue notti: si trova tra le fiamme di un rogo, e accanto a lei c’è un volto che non ha il coraggio di guardare. Lottando contro crudeli pregiudizi, cacciatori di streghe, intrighi e superstizioni, Issy deve scoprire la verità prima che sia troppo tardi.
Nell’ambito dei fumetti, da piccolo amavo spaventarmi con le storie di streghe (e non solo) pubblicate nelle raccolte di Zio Tibia, della Mondadori; o in quelle della collana Eureka Pocket, Editoriale Corno (queste ultime erano firmate nientemeno che da Stan Lee, il creatore dell’Universo Marvel!). Se spulciate bene sulle bancarelle dei fumetti usati, ci sono buone possibilità che qualcuna riusciate ancora a trovarla.
Mi appassionò anche molto una storia minore di Batman, anche grazie alla copertina del fondamentale Neil Adams. Sotto potete ammirarla nel numero 5 dell’edizione italiana della Williams (che rintracciai su una bancarella dei fumetti usati e che da allora conservo gelosamente) e in quella originale DC (assai più efficace, non trovate?).
Tra i film di streghe che vidi da ragazzo, quello che amai di più è senz’altro Suspiria di Dario Argento.
Un altro film che trovai molto inquietante fu The Blair Witch Project – Il mistero della streda di Blair: vista oggi questa pellicola non farà molta impressione (anzi, apparirà anche un po’ noiosa), ma allora si trattava del primo esperimento di found-footage al cinema, espediente ormai fin troppo abusato. Inoltre, l’uscita nelle sale fu preceduta da una geniale operazione di marketing: in America (e poi anche in Italia), nei mesi che precedettero la prima del film, venne creato un finto sito di stampo giornalistico che raccontava nei dettagli la leggenda della strega di Blair e di come fossero scomparsi dei giovani documentaristi che indagavano sulla sua storia… che poi sono i progatonisti del film! Ma, per il mio libro, fu d’ispirazione ancora maggiore il seguito (per quanto assai meno interessante), BW2 – Il libro segreto delle streghe. Ecco il trailer: