Fonti d’ispirazione deL ROMANZO “il paese del non ritorno”


ho_camminato_con_uno_zombiHo camminato con uno zombie di Jacques Tourneur non è il film che più ha condizionato il mio immaginario in termini di morti viventi, ma lo presento per primo perché, a mio parere, è stata la prima pellicola hollywoodiana dove un registra dimostrava un certo rigore nel documentare le tradizionho camminato con uno zombi_0i del vudù haitiano (o vudu o voodoo che dir si voglia); perciò lo consiglio a chi subisce il fascino di quei lontani e misteriosi paesi tropicali. Jacques Torneur è comunque uno dei miei registi horror preferiti. Con film come Il bacio della pantera mi ha insegnato che l’horror più pauroso non è quello pieno di mostri, sangue ed effetti speciali, ma quello suggerito, dove l’oggetto della nostra paura si vede poco o se ne distingue solo l’ombra fugace. Il suo film che preferisco è La notte del demonio, più moderno dei precedenti e, per molti versi, godibile ancora oggi (lo si può acquistare in dvd).

night of the living deadIl mio debito maggiore in materia di morti viventi va senz’altro a George A. Romero  (lo vedete  nella foto più sotto a destra, circondato dalle sue amate creature). Del resto, Romero ha rappresentato per i morti viventi ciò che Bram Stoker è stato per i vampiri: prima di quest’ultimo esistevano già superstizioni o credenze legate ai vampiri, ma dopo la pubblicazione di Dracula, è diventato impossibile parlare dei non-morti senza tenere quel capolavoro come punto di riferimento. Lo stesso discorso vale per La notte dei morti viventi di Romero.

Quando, ancora ragazzo, ebbi l’occasione di vederlo su una televisione privata, subii un vero e proprio shock. Non era come gli altri horror spettacolari e appariscenti che ero abituato a vedere… Aveva un andamento quasi documentaristico, era anche girato in bianco e nero, ai personaggi veniva concesso ben poco, a differenza dei moderni film americani fatti di modelli palestrati; si trattava di persone normali, né positive né negative. Mgente_zombia l’aspetto più sconvolgente è forse da attribuirsi al fatto che, anche a causa degli scarsissimi finanziamenti (per girare il film Romero fece ricorso ai suoi risparmi e alla sua cerchia di amici), gli attori che interpretano i morti viventi non sono ricoperti da chili di trucco o, ancor peggio, di effetti computerizzati. Ciò, a mio parere, li rende ancora più impressionanti, perché (come potete vedere dall’immagine a lato) somigliano a persone qualsiasi che potremmo incontrare abitualmente per strada. Questo ha reso ancora più potente questo film, trasformandolo in una metafora della diffidenza verso i propri simili che si andava allora diffondendo in America, fra la guerra del Vietnam e la libera circolazione delle armi; senza dimenticare il razzismo (evento più unico che raro, il protagonista del film è un nero, circondato da morti viventi bianchi… e alla fine i suoi nemici più pericolosi si riveleranno essere i vivi!).

Il film su questo tema da me preferito e che più mi ha influenzato è però il successivo Zombi (1978), prodotto da Dario Argento: a causa della evidente e straordinariamente efficace metafora della società dei consumi, si tratta di uno degli horror americani più intelligenti e profondi mai realizzati.romero

Ah, un piccolo chiarimento. A discapito  del titolo italiano “Zombi” (quello americano è “Dawn of the Dead”), nei film di Romero non si parla affatto di zombi, in quanto non vi è alcun riferimento alla tradizione vudù haitiana, bensì appunto di morti viventi.

In tutto, i film di George Romero sull’argomento sono 6: La notte dei morti vienti (1968), Zombi (1978), Il giorno degli zombi (1985), La terra dei morti viventi (2005), Diary of the Dead – Le cronache dei morti viventi (2007) e Survival of the Dead – L’isola dei sopravvissuti (2009).

Nonostante questo debito, chi non avesse ancora letto Il paese del non ritorno non si aspetti i classici zombi romeriani, o dei suoi imitatori, con carcasse caracollanti ai quali viene fatta esplodere la testa… No, nel mio libro ho cercato di dare un’interpretazione degli zombi… be’, diciamo personale e diversa dal solito, seguendo però la lezione di Romero di considerarli una metafora della società attuale.

serpenteDobbiamo attendere fino al 1988, perché appaia un nuovo film hollywoodiano sulla tradizione degli zombi di Haiti ben documentato come “Ho camminato con uno zombi”. Il film di cui vi sto parlando è Il serpente e l’arcobaleno di Wes Craven (il regista di Nightmare). Con narrazione tesa e suggestiva, rievoca l’esperienza dell’antropologo Wade Davis, che negli anni 70 si recò ad Haiti con l’intenzione di scoprire la verità scientifica alla base della credenza degli zombi (fu inviato da un’industria farmaceutica che sospettava che nel processo della “zombificazione” fossero utilizzate sostanze che si sarebbero potute sfruttare poi in ambito farmacologico, soprattutto nel campo dell’anestesia). QUI potete leggere una sua recente intervista.

skeleton_keyArriviamo ora a una pellicola più recente, Skeleton Key (2005). Non si tratta di un capolavoro, ma avrebbe meritato di più. L’ho trovato molto suggestivo, di grande tensione, ben interpretato e con un’evocativa ambientazione tra le paludi della Louisiana. Inoltre è l’unico film hollywoodiano dove si fa una chiara differenza fra vudu e hudu. Ci rivela così che tutta quella robaccia fatta di bamboline e pozioni cui siamo stati abituati da dozzinali storie horror non è patrimonio del vudu, che è una religione con 60.000.000 di adepti fra Africa, America ed Europa, bensì dell’aspetto magico della cultura haitiana e della Louisiana, l’hudu.

CandymanNel libro mi sono divertito a utizzare Tonton Macoute, una sorta di Uomo Nero della tradizione creola (sebbene io lo citi come Tontòn Macute, per suggerirne ai lettori italiani l’esatta pronuncia), inventando appositamente una filastrocca tenebrosa recitata dai bambini per farsi paura (potcandymanIIete ascoltarla cliccando QUI). I lettori hanno trovato il tutto suggestivo, ma alcuni di loro non riescono a spiegarsi perché in copertina Tonton Macoute sia ritratto con un uncino al posto della mano destra, mentre nel romanzo impugna una piccola accetta. Il mistero è presto svelato: quando è stato il momento di spiegare all’illustratore Paolo Barbieri come raffigurarlo, gli ho suggerito di ispirarsi anche alla figura di Candyman (protagonista di una serie di film di cui vi consiglio soltanto il primo), riferendomi soprattutto al lungo cappotto scuro, al quale avrebbe dovuto aggiungere un ampio cappello per celarne il viso. Al cinema Candyman sfoggia appunto un uncino al posto di una mano, particolare raccapricciante che è piaciuto così tanto a Paolo che ha voluto rendergli omaggio.

Nell’ambito dei fumetti, il primo personaggio che mi viene in mente è senz’altro Simon Garth, lo zombie (altro modo di scrivere la parola zombi). L’ho conosciuto sulle pagine della mitica rivista degli anni ’70, Il Corriere della paura. Se volete sapere di più su questo personaggio, cliccate QUI e accederete alla pagina del mio sito dove parlo più approfonditamente del Corriere.

Corriereuraniahorror101Fra i racconti scritti, quello che più mi ha ispirato è la splendida novella I colombi dell’inferno (Pigeons from Hell), universalmente riconosciuta come una delle più riuscite storie della tradizione gotica americana. L’autore è Robert E. Howard (creatore anche di Conan il barbaro). Nel 2015 è stata finalmente ristampata in edicola nella raccolta Urania Horror 10 (copertina a sinistra), ma il fatto che per molti anni non fosse più disponibile, gettò nella disperazione una miriade di appassionati, che potevano leggerla solo in originale (come il sottoscritto, scoprendola QUI), fino a quando un blogger non ne fece un’encomiabile traduzione, che trovate QUI. Recuperatela dove preferite, ma leggetela. Non ve ne pentirete.ali

Nel racconto, Howard introduce anche la figura della zuvembie, sorta di incrocio assai suggestivo fra strega e zombie (se volete saperne di più, cliccate QUI). Ho trovato questa creatura così agghicciante che l’ho utilizzata anche nel mio romanzo.

Da I colombi dell’inferno lo scrittore Joe Lansdale ha molto liberamente tratto il fumetto Le ali dell’inferno, un folle adattamento che, grazie alle evocative illustrazioni di Nathan Fox, ha il merito di introdurci nelle atmosfere magiche della Louisiana.  Fra l’altro, Lansdale ha dichiarato di essere stato da piccolo terrorizzato dalla versione televisiva, realizzata all’interno della serie di racconti horror presentati da Boris Karloff. Su Internet si riesce a rintracciare, ma temo che per noi oggi abbia perso il potere evocativo di cui era certamente intriso nei primi anni ’60.

Passando infine ai romanziestate, non mi sembra di essere stato ispirato da qualcuno in particolare, del resto, quando lavoravo al libro, in Italia non disponevamo di molte storie buone sull’argomento… Consiglio senz’altro ai più grandi l’angosciante L’estate dei morti viventi di John A. Lindqvist, il bravo autore del romanzo da cui è stato tratto l’ottimo film svedese di vampiri Lasciami entrare, del quale è stato poi realizzato un remake in America. Attenzione, anche in questo caso si tratta di una storia adulta e molto diversa dalla saga spara-fuggi-spara di The Walking Dead!

Per quanto non l’abbia ancora letta, non posso inoltre esimermi dal citare una raccolta di racconti sugli zombi di un mio giovane concittadino, Davide Garbero, dal titolo Zombi Takeaway – storie di ordinaria mostruosità (Alacràn editore)! In bocca allo… zombi, Davide!zombitakeaway_garbero_novita

images4Torna al libro IL PAESE DEL NON RITORNO

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